venerdì 15 aprile 2016

Responsabilita' degli allenatori nelle A.S.D. e non solo


Con l’articolo di oggi andremo ad aprire un ciclo di approfondimenti sulle diverse tipologie di responsabilità configurabili in capo alle associazioni ed ai suoi collaboratori.
Prima di trattare l’argomento odierno, è d’uopo fare una precisazione in merito agli enti no profit. 
Le associazioni, in generale, essendo delle persone giuridiche, a prescindere dal riconoscimento o meno, posseggono piena capacità giuridica (sono quindi, titolari di diritti ed obblighi) e piena capacità di agire, ovvero possono compiere atti incidenti sui rapporti giuridici di cui sono titolari. Ciò comporta anche una piena capacità processuale, vale a dire la capacità di essere parte attiva o passiva in un procedimento giudiziario. Chiaramente la titolarità di qualsiasi azione spetta all’organo che ha la rappresentanza del sodalizio (per le associazioni è il Presidente, quale legale rappresentante pro tempore).
Detto ciò, si può concludere questa premessa, specificando che le associazioni possono incorrere in due tipi di responsabilità:

diretta: qualora il fatto illecito o l’inadempimento sono frutto di una condotta attiva od omissiva degli organi rappresentativi dell’ente (es: violazione di regolamenti  sportivi, all’atto di una disputa di una manifestazione);

indiretta: qualora le condotte inadempienti o lesive dei diritti altrui sono poste in essere da collaboratori dello stesso sodalizio (es: infortunio di un atleta dovuto al mancato controllo dell’allenatore).

Precisato questo aspetto importante possiamo entrare nel cuore del discorso, affrontando il tema della responsabilità degli allenatori delle A.S.D.                       
Durante lo svolgimento della pratica ginnica o sportiva, gli atleti possono arrecare danni a sé stessi ma anche a terzi, ciò comporta, di conseguenza una responsabilità degli allenatori o istruttori tenuti alla loro sorveglianza. A tal proposito, è opportuno distinguere la responsabilità “cd. esterna”, per gli eventi lesivi che il soggetto sottoposto alla vigilanza cagiona a terzi, da quella “cd. interna”, per i danni che procura a se stesso. Se è pacifica la riconducibilità della prima fattispecie all’art. 2048 c.c., non può dirsi altrettanto in merito alla seconda ipotesi. Infatti, parte della giurisprudenza e della dottrina è favorevole all’applicazione dell’art. 2048 anche in caso di responsabilità interna, mentre altra parte dei giudici e degli autori disconosce questa applicazione poiché, in primis, non ammette l’utilizzo della suddetta norma nei casi in cui non vi sia un fatto illecito ( l’infortunio procurato a se stessi non può certo configurarsi come tale) ed in secundis, inquadra questa responsabilità nell’alveo contrattuale, nascente dal principio giuridico del contatto sociale (teoria nata dall’evoluzione della responsabilità medica)
L’art. 2048 c.c., prescrive che: “I precettori e coloro che insegnano un mestiere o un’arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel periodo in cui sono sotto la loro vigilanza” (comma 2). Tali soggetti possono “liberarsi dalla responsabilità soltanto se provano di non avere potuto impedire il fatto” (comma 3). Il contenuto delle su citate disposizione è stato esteso dalla dottrina e dalla giurisprudenza a tutti coloro che per pubblico ufficio o per incarico privato impartiscono un insegnamento culturale, tecnico, sportivo, a tutti gli insegnanti, pubblici e privati, ai docenti di educazione fisica, agli allenatori e agli istruttori, anche di fitness.
Inoltre, questo obbligo di vigilanza sull’allievo, non ha un valore standard ma va commisurato sull’entità ed il grado di maturità del discente nonché sul suo gradi di discernimento.
In siffatto quadro, volendo semplificare il concetto, si ha una vera e propria presunzione di responsabilità per mancato controllo in capo all’allenatore il quale avrà l’onere di provare che il fatto lesivo occorso o causato dall’atleta non fu dipeso da una sua negligenza.
Ritornando a termini più tecnici, l’istruttore dovrà dimostrare di aver vigilato nella misura correlata alla prevedibilità dell’evento e di non aver potuto impedire il fatto, nonostante le cautele poste in essere maniera adeguata alle circostanze. L’adeguatezza dei controlli e della sorveglianza va accertata con riferimento non soltanto all’efficacia dell’intervento correttivo o repressivo, ma anche con riferimento alla scelta di misure organizzative o disciplinari idonee ad evitare il pericolo o a prevenirlo.

Responsabilità solidale dell’associazione
Alla responsabilità dell’allenatore si affianca quella della associazione dalla quale egli dipende, ai sensi dell’art. 2049 c. c.. Tale norma, prescrive, infatti che “i padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi nell’esercizio delle incombenze a cui sono adibiti”, prevedendo, cosi, una responsabilità oggettiva per fatto altrui.
Nulla toglie, comunque, che l’associazione, accertate le responsabilità dell’istruttore possa rivalersi nei suoi confronti per la restituzione delle somme versate a titolo di risarcimento danni.
Sulla tematica della responsabilità solidale vi è solo da aggiungere, in via sommaria, data la vastità degli elaborati giurisprudenziali, che oggi la co-responsabilità è spesse volte riconosciuta non solo quando l’allenatore svolga le sue attività in maniera continuativa ed alle dipendenze del sodalizio, ma anche quando il rapporto sia di carattere occasionale e latamente subordinato (esula totalmente da questa fattispecie, una collaborazione autonoma e scevra da vincoli sulla gestione)
Siamo finalmente giunti al termine di questa disamina, sicuramente non è un argomento leggero e di facile lettura,ma la tematica, essendo quanto mai attuale ed importante, meritava un approfondimento.
Dunque, se avete dubbi non esitate a contattarci con il form sottostante ma soprattutto mettete mi piace e condividete su twitter e facebook!!!









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